Piccoli fiori nel giardino del Signore: figure di santità quotidiana
Come in ogni esperienza religiosa e spirituale, anche la Congregazione delle Suore Francescane del Signore è costellata da figure di santità quotidiana, tante suore che, mantenendo la promessa fatta al Fondatore, hanno cercato la santità nella vita di ogni giorno.
Qui ne vogliamo ricordare alcune.
Suor Chiara Tuzzé nacque a Bompensiere (CL) il 6 Aprile 1875 da Salvatore e Anna Maria Diliberto e fu battezzata lo stesso giorno nella chiesa parrocchiale del Ss. Crocifisso, con il nome di Lucia.
Era la quinta figlia di una umile famiglia di contadini.
Ammalatosi il padre e non potendo più lavorare, la mamma andò nei campi per raccogliere spighe, in modo da poter portare a casa qualche soldo.
Il parroco del paese, considerate le necessità della famiglia e l’intelligenza della piccola Lucia, nel 1885 la inviò a Caltanissetta, dove fu accolta nel nascente Istituto del Signore della Città, l’anno dopo il padre della bambina moriva.
Dopo la morte di Suor Giuseppina Ruvolo, Lucia fu una delle tre ragazze che si presentarono a P. Angelico per chiedergli di essere ammesse al noviziato, aveva 17 anni e l’anno successivo faceva la sua professione, assumendo il nome di Suor Chiara e costituendo, insieme a Suor Veronica e Suor Angelica, il primo nucleo continuo della Congregazione.
Di animo gentile e spiritualmente forte, fu ritenuta idonea, soprattutto per la sua vita esemplare, e nel 1896 fu nominata maestra delle novizie.
Ad esse non parlava d’imitazione o somiglianza, ma di conformità generosa a Cristo povero a Bettlemme, umile in Croce, presente ma abbandonato nell’Eucaristia.
Era pia, amabile, prudente, si distinse per modestia, gentilezza, obbedienza e ogni altra virtù, ricevendo il plauso del vescovo per la sua missione fra le novizie.
Esortava con le parole e con l’esempio le ragazze a dedicarsi alla contemplazione e all’azione, a permeare l’una con l’altra, senza mai dimenticare l’umiltà francescana, che si attua nella donazione generosa di sé al Signore e ai fratelli.
Come sorella e madre comprendeva le novizie e le sorreggeva nelle difficoltà, le confortava nelle stanchezze, le compativa nelle debolezze, le illuminava con la sua vita.
A metà Settembre del 1898 un incidente capita nella chiesa del Signore della Città, durante le Sante Quarantore, infatti, fra i veli e i fiori di carta dell’apparato divampano le fiamme, suor Chiara, che aveva preparato tutto, ne rimane scossa, e da quel giorno inizia a stare male, forse anche per il fumo che ha inalato.
Le sue condizioni sono assai delicate, la superiora e P. Angelico la consigliano di rimanere a letto, una tossa, dapprima leggera, presto diviene forte e frequente, e le tracce di sangue non tardano a presentarsi.
Ormai giacendo nel suo letto di sofferenza, alla sorella che le annuncia di essere incinta e di voler lei come madrina, annuncia che non ci sarà più quando il bambino nascerà e che Suor Angelica potrà far da madrina in sua vece.
E così fu.
La mattina dell’8 Novembre 1898, dopo un acuirsi del male che l’aveva devastata in un mese e mezzo, chiuse gli occhi per riaprirli nella Gloria del Signore.
Fu sepolta nella nuda terra, povera fra i poveri.
Suor Chiara aveva dedicato la sua breve esistenza al servizio del Signore e del prossimo, accogliendo il carisma, ispirato dallo Spirito Santo a P. Angelico, vivendo pienamente e veramente il suo essere cristiana e il suo essere francescana.
La sua morte prematura lasciò un vuoto nella Congregazione e in P. Angelico, che in lei aveva visto una bella speranza di santità.
Suor Margherita Indorato nacque a Sommatino (CL) il 25 Maggio 1880 da Liborio e Teresa Curcio e fu battezzata con il nome di Maria Concetta.
Dopo la morte del padre (1885), la famiglia si trasferì a Caltanissetta e la piccola Maria fu accolta da P. Angelico fra le prime orfanelle dell’Istituto.
A 16 anni manifestò la sua volontà di farsi suora, ma fu fortemente ostacolata dal fratello Matteo; fu P. Angelico, con le sue paterne parole, a far capire al giovane che non bisognava ostacolare la sorella, perché se quella era la volontà del Signore, la si doveva compiere: il giovane si convinse e cominciò ad interrogarsi anche sulla volontà che il Signore aveva su di lui.
Mentre era novizia la mamma, avendo ricevuto un’ottima proposta di matrimonio per la figlia, si recò da P. Angelico per chiedergli se fosse il caso di metterne a conoscenza la ragazza che già si incamminava verso la professione religiosa, P. Angelico, senza alcun dubbio, rispose che era necessario che Maria sapesse della proposta, perché era ancora in tempo per scegliere ma, appena la madre le presentò la faccenda Maria rispose risoluta: “Ho già deciso, mamma, non cambio.
Non cambio di volontà neppure se venisse a farmi la proposta Vittorio Emanuele.
Sono stata scelta da Uno superiore al re”.
Il 9 Dicembre 1897 vestì l’abito francescano assumendo il nome di Suor Margherita.
Dopo un anno fece la sua professione.
Essendo un’abilissima ricamatrice il laboratorio divenne il suo ufficio, che tenne fino alla malattia, vinse anche il diploma d’onore e la medaglia d’oro per le sue opere.
Fu suora di grande spirito di preghiera, osservante del silenzio, rispettosa verso i superiori e verso le consorelle.
Nutriva un amore straordinario per la Vergine Santissima di Pompei, ed amava i fiori e il giardino.
Suor Veronica nel 1898 le affidò il Noviziato, e Suor Margherita fu la seconda maestra delle novizie, dopo Suor Chiara, per 30 anni.
Era energica e risoluta nel prendere le decisioni e nel rimproverare gli errori, ma aveva la grande umiltà di riconoscere i proprio sbagli e chiedere scusa.
Nel 1928, essendo cresciuto il numero delle novizie, si decise di separare il Noviziato dal resto della comunità e il vescovo nominò maestra Suor Cecilia.
Suor Margherita accolse con obbedienza la decisione e, edificando tutti, disse alla superiora: “Madre, ho fatto quel che ho potuto ed ora mi rimetto nelle sue mani”.
Le rimase il laboratorio dove, per altri 10 anni, continuò a creare opere d’arte e ad insegnare quel nobile e delicato mestiere alle donne.
Colpita da paralisi, fu costretta a rimanere a letto, o su una poltrona, durante gli ultimi 10 anni della sua vita.
Morì il 13 Marzo 1948.
Fra le tante meditazioni spirituali e preghiere che lasciò nei suoi quaderni, ne riportiamo una al Sacro Cuore del 1932: “Ti amerò in eterno! Grazie mio Dio, grazie infinite; una vita di sacrificio ti offro in ringraziamento dei benefici a me usati e un eterno Magnificat canterò in Cielo.
E poiché in questa vita si sta sempre in pericolo di perderti, anche con un solo peccato, legami a te, o Gesù, fa’ che io entri oggi nel tuo Cuore amoroso, per passarvi tutto il resto della mia vita”.
Suor Teresa Cutaia nacque a Delia il 17 Settembre 1899 da Giuseppe e Calogera Borzellino e fu battezzata con il nome di Giuseppa.
Ammessa in religione il 1 Agosto 1921, ricevette l’abito il 7 Settembre 1922, fece la sua professione temporanea il 9 Dicembre 1923 e quella perpetua il 27 Settembre 1942.
Svolse il suo apostolato a Sommatino, Delia, Assoro, Pietraperzia, Acquaviva, Sutera, Mussomeli e, infine, a Serradifalco.
Con umiltà e fiducia fa la questua, gira per il paese, bussa al cuore dei giusti per chiedere un aiuto qualcosa per i suoi bambini, i poveri orfanelli, ospitati nell’Istituto.
Il ringraziamento di Suor Teresa è un sorriso e una preghiera, quella preghiera continua che si manifesta nel rosario, che sgrana mentre “chiede”.
Nel caldo e nel freddo fa questo Suor Teresa, chiede agli uomini, confidando nel Signore.
E il popolo, che riconosce l’umiltà dei santi non fa mancare un aiuto e un’offerta.
È un’anima umile, semplice ma che sa elevarsi alle altre vette del Cielo, e queste elevazioni si trasformano in poesie, in quelle che la piccola suora scrive quando vuole parlare di Dio.
Suor Teresa è un esempio per tutti di semplicità cristiana, per i consacrati di piccolezza evangelica, per le consorelle di gioia francescana.
Muore a Mussomeli il 7 Aprile 1979.
Suor Vittoria Occhipinti nacque a Scicli (RG) il 23 Dicembre 1906, avendo superato l’età stabilita, entrò come conversa, ma poi il 31 Dicembre 1940 si consacrò a Caltanissetta, il 13 Dicembre 1941 fece la vestizione, il 6 Febbraio 1943 la professione semplice e il 26 Febbraio 1953 quella perpetua.
Per tutto il corso della sua vita religiosa svolse la mansione di portinaia, accogliendo, in cinquant’anni, tante generazioni di alunni e amici dell’Istituto di Caltanissetta.
La sua vita fu tutta un esempio di umiltà, servizio, preghiera.
In silenzio passava il suo tempo di preghiera dinanzi al Tabernacolo, con spirito contemplativo, avvolta nel mistero di Dio; in questo raccoglimento ella trovava il segreto della santità, di una santità vissuta con il Cristo Crocifisso e sepolto, in attesa della Gloria della Risurrezione.
E quell’azione umilmente ascetica si trasforma in esempio di santità quando Suor Vittoria va a sedersi in portineria, nella sua piccola sediolina, con qualche stoffa in mano, è lì, di prima mattina, pronta ad accogliere gli alunni, che si preparano a seguire le lezioni, ed è proprio lei che, per prima, fa da maestra, a bambini, a ragazzini, alle giovani: come lei, con umiltà e rispetto, si avvicina a Dio e alle consorelle, così insegna a quelle generazioni ad avvicinarsi con affetto e devozione a Cristo e alle suore, in riconoscenza del dono d’amore che il Signore Crocifisso ci ricorda, e della missione che le suore svolgono in favore dell’infanzia e della gioventù.
E’ in quella portineria, dalla voce di Suor Vittoria che i piccoli bambini dell’asilo imparano l’antico saluto di lode: Sia lodato Gesù Cristo, questo è il saluto che Suor Vittoria dona e insegna, la lode a Cristo è lo scopo della sua vita ed è ciò che vuole raccomandare agli altri, fate della vostra vita una lode al Signore.
E poi il Crocifisso, che pende dal rosario, lo porge, perché venga baciato: amate Colui che è tutto Amore.
E, quando già tutti gli alunni si dividono nelle loro classi, per aprire le menti alla cultura, Suor Vittoria rimane da sola, e sgrana il rosario.
Prega, ma per chi? Per tutti, per ogni persona che entra o esce da quella porta, per i vicini e per i lontani, prega per tutti, come il piccolo Crocifisso le ricorda, si offre per amore per il prossimo.
Questa fu Suor Vittoria, un’anima semplice, umile, piccola di quella piccolezza che rende grandi dinanzi a Dio.
Dopo aver sopportato, con pazienza, la malattia, muore a Caltanissetta il 19 Novembre 1999.
Suor Felicina De Summa nacque a Curinga (CZ) il 1 Gennaio 1913 e fu battezzata con il nome di Clorinda.
Nel 1931 entrò fra le Suore Francescane del Signore e si trasferì a Caltanissetta, dove il 15 Agosto fu ammessa fra le postulanti.
Il 18 Ottobre 1933 vestì l’abito religioso con il proposito spirituale, che la sua giovinezza fosse “come una candela accesa davanti all’altare che arde sempre e si consuma per il Signore”.
Il 29 Ottobre 1935 fu ammessa alla professione religiosa e continuò gli studi presso la Casa Madre, conseguendo il diploma di maestra di scuola materna.
Dal 1937 insegnò in vari paesi della Sicilia.
Nel 1942 fu nominata superiora della casa di Sommatino, nel 1943 assistente delle novizie nella Casa Madre e nel 1944 superiora a Mussomeli.
Fu superiora ad Assoro (1946), Montauro (1951), Villalba (1953), Sommatino (1959), Albaneto (1965), Serradifalco (1966), Sutera (1967).
Nel 1971 riprese a insegnare, ma sette anni dopo si ammalò e fu trasferita a Palermo, da qui, nel 1980 tornò a Caltanissetta, dove morì il 5 Giugno 1983.
Suor Felicina era un’anima grande, gli scritti che ha lasciato rivelano un ardente desiderio di offrire tutta la sua vita come lode al Signore nel servizio dei fratelli.
Il 12 Giugno 1941 compose un atto di consacrazione a Gesù Eucaristico che ne rivela tutta la spiritualità: Mi consacro al vostro amore, o Gesù mio, e vi prego di farmi vivere a voi unita, di darmi la grazia di sempre amarvi, di concedermi per vostra infinita bontà la virtù della santa umiltà ed il martirio incruento del cuore e, se è per vostra gloria, ancora quello del corpo.
Datemi grazia di essere umiliata e dimenticata da tutti per Vostro amore, che le Vostre Eucaristiche consolazioni siano ancor da me meritate ed esercitate, che il Vostro martirio di amare sia ancora mio.
Santissima Trinità, ricevete l’umile omaggio da me miserabile e per Vostra infinita misericordia accendete in me il fuoco dell’amor divino.
Maria Santissima Addolorata, imprimete in me i Vostri dolori; fate, o Regina mia, che io possa conservarmi sempre il mio breve soggiorno quaggiù sul Trono di Gloria alla destra del Santissimo Figlio Vostro e vi contempli su Golgota con Gesù Crocifisso.
Nelle Vostre Santissime mani consegno la mia offerta.
Voi offritela al divino Figlio Vostro Gesù, mio diletto Sposo.
Invoco i miei santi Avvocati, l’angelico mio Protettore S. Gabriele dell’Addolorata, affinché dietro il loro esempio viva amando e servendo lo Sposo Gesù per poi cantare con loro il cantico nuovo in Paradiso.
Suor Umilde Scerbo nacque ad Amato (CZ) il 29 Novembre 1919.
Entrò nel postulantato il 9 Gennaio 1938 e vestì l’abito religioso il 2 Febbraio 1939.
Fu esemplare, pia, buona.
Soffrì molto, ma tutto seppe offrire al Signore nel silenzio.
Il suo cammino fu una continua ascesa nella virtù.
Tre mesi prima della professione religiosa si ammlò di pleurite e fu ricoverata in ospedale.
Il liquido dello stomaco le causò una peritonite tubercolare e la malattia divenne incurabile, tanto che i medici le consigliarono l’aria natìa.
Prima di partire per Amato, assistette con grande dolore alla professione delle altre sue compagne di noviziato, ma offrì con gioia quest’altro sacrificio per la loro santificazione.
Un giorno la Madre Generale, visitando il noviziato espose il caso del giovane seminarista Serafino Falvo, prossimo a prendere la S. Messa, che era entrato in una profonda crisi spirituale, e chiese chi volesse pregare per lui e offrire la propria vita; Suor Umilde pronta rispose: “Io”; e, dopo pochi giorni, mentre era a colloquio con Madre Annina, fu colta da malore e svenne.
Dio aveva accettato la sua offerta e Serafino superò la crisi, sentendosi spinto da una forza interiore e misteriosa, come egli stesso raccontò nel libro E’ passato un angelo.
Suor Umilde Scerbo della Congregazione delle Suore Francescane del Signore.
Il 4 Gennaio 1941 lasciava la Congregazione per tornare a casa, la Madre Generale le permise di tenere l’abito religioso, riconoscendo la santità del desiderio di quell’anima pia.
Nello stesso 1941 la Madre Generale si recò in visita alle case della Calabria e Suor Umilde volle andare ad incontrarla a Curinga, dove si presentò, pur essendo ridotta pelle e ossa, con tanta forza spirituale e con la gioia francescana.
Prima di partire la Madre la fece visitare da un bravo medico del paese che, constatando la chiusura della peritonite, assicurò la Madre che, se la Suor Umilde fosse rimasta a Curinga, avrebbe tentato di curarla.
Così Suor Umilde fu accolta nella casa di Curinga ma, sentendo ormai prossima la sua dipartita, quando salutò Madre Annina, le disse: “Non ci vedremo più su questa terra”.
Rientrata in famiglia, morì il 23 Dicembre 1941, poco tempo dopo don Serafino Falvo venne ordinato sacerdote e servì il Signore per il resto della sua vita, grazie all’offerta di Suor Umilde.
Suor Beniamina Palermo nacque a San Cataldo (CL) il 18 Marzo 1922, entrata in Congregazione il 1 Ottobre 1942, fece la sua professione temporanea il 10 Febbraio 1945 e quella perpetua il 5 Aprile 1959.
La sua vita non è la vita di una maestra o di una superiora, ma quella di un’umile cuoca, che passa la sua vita fra la chiesa e la cucina.
Pia, devota, amava sacrificarsi per gli altri.
Trascorse la sua vita preparando con amore e dedizione il cibo alle consorelle e anche ai bambini e agli anziani ricoverati.
Accontentava tutti e le piaceva fare delle sorprese nel vitto, specialmente alle consorelle.
Disimpegnò sempre il suo dovere con esattezza, grande amore, responsabilità e dedizione.
Amava pregare ed era molto devota della Madonna.
Caritatevole verso le consorelle, scusava sempre i torti delle altre, ma mai se stessa.
La sua bontà traspariva dal sorriso che aveva sempre per tutte.
Mai osò fare una negativa ad alcuna; anche se le costava sacrificio, era sempre disponibile.
Rispettosa verso i superiori, materna con i ragazzi interni nelle varie case e verso i sacerdoti e seminaristi, per i quali aveva una particolare predilezione, sia nel preparare loro il vitto nei collegi e nei seminari, sia incoraggiandoli sempre con la sua comprensione, il tatto materno e il sorriso.
Nel 1974 fu trasferita nella casa di spiritualità di Juculia, dove continuò la sua missione in cucina.
Trascorse gli ultimi anni della sua vita su una sedia a rotelle.
Paralizzata, stava quasi sempre a letto e trascorreva le giornate pregando, sempre con la corona in mano, serena, sorridente.
Edificava chi andava a visitarla dicendo: “Voglio fare la volontà del Signore”.
Si spense a Juculia il 21 Dicembre 1994.
Suor Immacolata Genova nacque a Delia (CL) l’8 Ottobre 1932.
Negli anni, in cui servì la Chiesa nella Congregazione delle Suore Francescane del Signore, si fece apprezzare per la sua umiltà, bontà, intelligenza e capacità di gestire le situazioni.
Fu professoressa di matematica, preside, consigliera, segretaria ed economa generale e, nella fase diocesana del processo di canonizzazione di P. Angelico Lipani fu nominata dal vescovo Notaio aggiunto.
Suor Immacolata aveva un cuore grande, il cuore della madre, che ascolta, che comprende, che sa rimproverare con amore e amare senza cadere nella sdolcinatezza.
Aveva sempre la parola giusta nel momento giusto.
Sapeva consolare il pianto, sapeva parlare ai ragazzi e alle ragazze, che ha accompagnato negli anni del suo insegnamento, dando loro non solo le fondamentali conoscenze culturali ma anche quegli insegnamenti di vita, che fanno di un bambino, di una bambina un uomo e una donna autentici.
Nella gentilezza dei suoi modi seppe dire cose che tanti, prima e dopo di lei, non hanno saputo neanche accennare.
Fu madre e maestra per tanti.
Accolse con fede e pazienza i dolori della malattia e non si lasciò abbattere mai, donando sempre la sua parola e il suo sorriso anche a chi non glieli chiedeva ma, forse inconsapevolmente, ne aveva bisogno.
Dopo tanti anni di sofferenza, morì a Caltanissetta il 30 Settembre 2005.
Suor Maria Zarbo nacque a Palma di Montechiaro (AG) l’8 Febbraio 1935 da Luigi e Gaetana Ferone e fu battezzata con il nome di Calogera.
Entrò in religione il 24 Febbraio 1957, fece la vestizione il 22 Agosto dello stesso anno, la professione temporanea il 23 Agosto 1959 e quella perpetua il 12 Settembre 1965.
Si mostrò, sin dai primi giorni fervorosa, umile, dedita alla preghiera e al sacrificio; amava la Santissima Eucaristia e la Vergine Maria.
Si sentiva attirata dalla penitenza corporale e la praticò fino all’eroismo.
Si offrì vittima per la Congregazione che tanto amava, per la sua famiglia e implorava sofferenze per salvare l’umanità intera.
Nell’Ottobre 1959 fu trasferita ad Assoro, poi a Serradifalco, Sutera, Milena e a Palermo fino al 1967.
Si distinse per semplicità, spirito di preghiera dedizione.
Il Card. Ernesto Ruffini, Arcivescovo di Palermo, la lodava anche alla sua presenza, sapendo di non farle cosa gradita e sicuro che non si sarebbe affatto insuperbita.
Ne parlava con grande entusiasmo per l’umiltà, per la sincerità e la additava come modello delle Assistenti Sociali, suore da lui fondate.
Nel marzo 1971 fu colpita da un terribile male incurabile, artrosi deformante, che per otto anni la tenne inchiodata al letto o in giro per la casa con un bastone.
Fu in vari ospedali, Roma, Palermo e Albano Laziale, ove morì il 12 Ottobre 1978.
Suor Felicita Dultra nacque a Manay nelle Isole Filippine il 19 Febbraio 1968, affascinata dalle Suore che operano nella sua Terra, entrò nella Congregazione delle Suore Francescane del Signore e fu inviata nella Casa Madre di Caltanissetta, dove subito conquistò tutti con il suo sorriso e con la sua gioia contagiosa.
Chi l’ha conosciuta non può non ricordarla sorridente, mentre cantava mimando “Io ho un amico che mi ama”.
Suor Felicita era la gioia fatta donna, era un’amica, una sorella, una madre per bambini e alunni dell’Istituto, era quel tipo di suora che P. Angelico tanto desiderava.
Si dedicò soprattutto all’insegnamento e all’animazione dei ragazzi, non mancando mai di rivolgere un sorriso a chiunque incontrasse.
Colpita da un incurabile male, ha sopportato con pazienza i dolori, mai perdendo quella gioia francescana, che in lei raggiungeva vette altissime, e consolando le consorelle.
Dopo le inutili cure e la sentenza dei medici, ottenne dal Signore la grazia di poter tornare nelle sue Filippine, per rendere l’ultimo saluto ai suoi cari e, andando oltre ogni ottimistica previsione, riuscì a tornare in Italia e chiese, ardentemente, di poter tornare a Caltanissetta, per morire sotto lo sguardo del Crocifisso, Signore della Città, in quella Casa voluta da P. Angelico.
Il Signore le concesse anche questo, tornata a Caltanissetta, ormai gravissima, poté rendere l’ultimo devoto omaggio al Crocifisso, morendo pochi giorni dopo, il 28 Novembre 2013, con il sorriso sulle labbra.
Si volle chiamare Felicita, come l’antica martire romana, ma sarebbe stato più appropriato per lei il nome Felicità!
Suor Loreta Dibilio nacque a Sommatino e sin da piccola scoprì la sua vocazione ad essere “madre” accudendo i fratellini più piccoli e donando loro l’amore e la fede.
Entrata nella Congregazione delle Suore Francescane del Signore trascorse quasi tutta la vita come maestra della Scuola Materna, accudendo i tanti bambini, che, una generazione dopo l’altra, le venivano affidati.
Svolse il suo compito in maniera lodevole, dimostrando sempre la gioia di servire Cristo in quei piccoli, che Egli stesso loda come possessori del Regno dei Cieli.
E al Regno dei Cieli Suor Loreta guardava sempre con amore e trepidazione, consapevole che un giorno il Signore l’avrebbe chiamata per chiederle cosa aveva fatto per costruire il Regno di Dio sulla terra; per questo, con instancabile dedizione si dedicò tutta la vita alla preghiera, all’insegnamento materno ai bambini, alla Congregazione, fino agli ultimi istanti della sua vita.
Gli ultimi anni di insegnamento li svolse presso la Casa Madre di Caltanissetta, dove nessuno poté resistere da legare a questa dolce donna il proprio cuore, tutti la ricordiamo con infinito affetto e dolore per averla persa agli umani abbracci.
Dopo una rovinosa caduta, mentre accudiva i bambini, la sua salute iniziò a cedere e, lasciata la Scuola Materna, si dedicò a un’attività meno impegnativa ma anche più silenziosa, perché al posto delle dolci risate dei piccoli dovette ascoltare i ripetuti squilli del telefono del centralino.
Anche lì non dimenticò mai i suoi bambini e, seppur da lontano, con la preghiera e con il pensiero, li accompagnava mentre diventavano ragazzi e poi adulti, cercando sempre di tenersi in contatto o almeno informata sulla via che ciascuno aveva intrapreso.
Peggiorate le condizioni di salute, fu obbligata a trasferirsi presso la Casa di Riposo di Mussomeli, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita, donando al Signore la sofferenza di dover rimanere inchiodata ad un letto.
Il Signore non mancò di farle sentire la sua vicinanza, a lei, che con tanto amore si era dedicata allo Sposo, donò la consolazione di poter sentire la sua dolce voce, che le sussurrava parole di coraggio e di tenerezza.
Fu devotissima della Vergine Maria, a cui guardava come modello di vita umile e caritatevole, non mancava mai di pregare e quando aggravatasi non riusciva più a ricordare alcune preghiere, si rammaricava di non saper più pregare, ma in quei giorni quella sofferenza era divenuta la sua preghiera.
Pregava per i peccatori, perché il Signore li convertisse, si addolorava nel vedere che persone a lei care vivevano lontane dal Signore e lo supplicava affinché concedesse loro la luce della fede, così fu, ad esempio, con un suo fratello, che non voleva saperne del Cristianesimo, Suor Loreta pregò per lui tutta la vita, e alla fine fu esaudita, poiché egli si convertì prima di morire.
Pregava anche per le anime del Purgatorio, per cui aveva particolare pietà.
Negli ultimi tempi, quando con fatica si muoveva, offriva il sacrificio di abbassarsi per raccogliere qualcosa che le cadeva a terra dicendo che in quel momento è come se stesse aiutando un’anima ad uscire dal Purgatorio.
Suor Loreta è stata una di quelle sante che ci passano accanto senza far rumore, delicata, silenziosa, è entrata nelle nostre vite e poi delicata e silenziosa è andata via per raggiungere il suo eterno Amore, Cristo Gesù, lasciandoci l’esempio di una santità vissuta nel quotidiano.
Il 29 Aprile 2015 a Mussomeli (CL) rendeva la sua anima al Signore, ricevendo quella corona di gloria che, dopo la corona della sofferenza, aveva meritato.