Costituzione

Carissime Sorelle,

è con immensa gioia che vi presento il testo rinnovato delle nostre Costituzioni alla luce della proposta della Chiesa, del Magistero e delle nostre Tradizioni.

Dopo il Concilio Vaticano II e la promulgazione del nuovo Codice di Diritto Canonico, un grande sforzo è stato fatto perché avessimo nelle nostre mani il testo del 1986 rinnovato. Ho avuto la grazia di essere presente a quel momento emozionante nel quale la Superiora Generale, Suor Giacinta Cammarata, consegnava ad ognuna di noi le Costituzioni e il Direttorio. Momento storico perché celebravamo il centenario della nostra Congregazione. Nel Capitolo del 2002, con l’erezione della Provincia Nossa Senhora de Guadalupe, Brasile-Bolivia, sono state fatte delle aggiunte necessarie.

In questi trentaquattro anni ci sono stati tanti cambiamenti nei vari ambiti della società, della Chiesa e della Congregazione. Abbiamo sentito la necessità di rivedere le Costituzioni e il Direttorio alla luce della Parola di Dio e dei Documenti della Chiesa, per dare una maggiore visibilità alla nostra identità francescana e un nuovo vigore alla nostra missione.

Abbiamo presentato alla Sacra Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica le modifiche delle Costituzioni che il XIII Capitolo Generale, celebrato a novembre del 2018, ci ha consegnato. Da allora abbiamo lavorato per adempiere le esigenze che la Sacra Congregazione ci ha posto. E finalmente, per chiudere magnificamente il Centenario della nascita al cielo del nostro Venerabile Fondatore Padre Angelico Lipani, riceviamo come dono e grazia divina il nuovo testo rinnovato e approvato a norma del Codice di Diritto Canonico.

Capisco che il rinnovamento non si ha per il semplice fatto di volerlo fare, ma se ci si mantiene fedeli al nostro carisma nelle mutate situazioni di vita ecclesiale e sociale. Pertanto, dobbiamo vedere la nostra Congregazione nel suo aspetto storico e “teologico” come luogo e spazio della manifestazione di Dio. E dobbiamo essere “esperte” della vita fraterna, orante e missionaria per incarnare Dio nella storia, sull’esempio di Maria di Nazareth, la serva per eccellenza.

L’esperienza vissuta dalle nostre prime suore sotto lo sguardo paterno del nostro Fondatore e lo sforzo fatto dopo il Concilio Vaticano II, specialmente in questi ultimi 20 anni, deve illuminare il nostro “oggi”, perché siamo chiamate a rinnovarci ritornando alle radici, cioè alle nostre origini.

In questo senso sorge la necessità di valorizzare le nostre tradizioni e, al tempo stesso, riconoscere che l'attuale esperienza di vita necessita di essere sempre verificata in rapporto al Vangelo, al Magistero della Chiesa e alle nostre Costituzioni.

La Chiesa comprende la nostra consacrazione in stretta relazione con il Regno di Dio. Ciò esige, da parte nostra, di accogliere la vocazione alla santità come dono, impegno e ideale.

Dono, perché è lo Spirito che modella la nostra vita sulla vita del Figlio, suscitando in noi il desiderio di cercare quello che Lui cerca e amare quello che Lui ama nel nostro quotidiano. L’Esortazione Apostolica Gaudete et exsultate afferma che «la santità è vivere in unione con Lui» (GEx 20).

Impegno, perché come consacrate siamo rese capaci dallo Spirito di santità a stimolare gli altri coinvolgendoli, nel cammino che percorriamo, a «crescere verso quel progetto unico e irripetibile che Dio ha voluto per tutti» (GEx, 13). Poiché l’amore è fecondo non può rimanere solamente tra noi e Dio, perché in quanto discepole siamo anche missionarie dell’amore e, dunque per la forza dello Spirito, abbiamo «la disposizione permanente di portare agli altri l’amore di Dio» (EG, 127).

Ideale, perché saremo missionarie nella misura in cui facciamo esperienza dell’amore di Dio in Cristo Gesù. Fare esperienza vuol dire fare dell’esistenza un cammino sensato, narrabile e trasmissibile. Perciò, non diciamo più che siamo “discepole” e “missionarie”, ma che siamo sempre «discepole-missionarie» (cfr.

EG, 120). Perché «il vero missionario, che non smette mai di essere discepolo, sa che Gesù cammina con lui, parla con lui, respira con lui, lavora con lui. Sente Gesù vivo insieme con lui dentro l’impegno missionario. Se uno non lo scopre presente nel cuore stesso dell’impresa missionaria, presto perde l’entusiasmo e smette di essere sicuro di ciò che trasmette, gli mancano la forza e la passione. E una persona che non è convinta, entusiasta, sicura, innamorata, non convince nessuno» (EG, 266- 267).

Questa triade – dono, impegno e ideale – fa della vita religiosa una profezia per il mondo contemporaneo, per cui le sfide devono essere viste come stimoli e non come ostacoli per una vita vissuta nell’amore, con amore e per amore.

C’è   il   rischio   che   le   attività siano «vissute male, senza le motivazioni adeguate, senza una spiritualità che permei l’azione» (EG, 82); si può anche dare il massimo rilievo al calcolo razionale delle opportunità sociali e così l’esperienza di fede viene ridotta a moralismo- dottrinalismo. Oppure accade che si confonda

la vita spirituale con «alcuni momenti religiosi che offrono un certo sollievo» (EG, 78), ma non alimentano nessuna attività.

Pertanto, care Sorelle, qualsiasi azione facciamo e qualsiasi ruolo ricopriamo, dobbiamo cercare la fedeltà creativa che ci rinnova senza perdere i valori necessari alla nostra santificazione. San Bonaventura usava il simbolismo delle vespe e delle api per farci capire che con lo splendore della scienza senza lo spirito di preghiera, di prudenza e di umiltà saremo come le vespe che costruiscono favi senza miele (cfr. San Bonaventura, FF, p. 45). La sapienza divina costituisce una guida per le nostre azioni (cfr. Sap 9,11) affinché, nel continuo esercizio di atti compiuti seguendo le orme di Cristo, possiamo costruire in noi la donna nuova e santa.

Come non è la croce in sé che ha salvato l’umanità, ma piuttosto l’amore con cui Gesù l’ha vissuta, anche le Costituzioni non sono in grado di santificarci senza l’adesione libera, amorevole e fedele che ci rende capaci di realizzare il sogno di Dio per ognuna di noi, per la Congregazione, per la Chiesa e l’intera umanità. Dunque, la legge non imprigiona il cuore che vive nella libertà, ma può dare senso ad ogni “sì” e ad ogni “no” pronunciato con amore.

La santità, meta primaria del nostro Carisma, è il risultato di una esperienza di maternità, di fraternità e di letizia perfetta che si concretizza nell’osservanza fedele dei nostri documenti e delle nostre tradizioni. Perciò è necessario che ogni parola contenuta nelle Costituzioni sia accolta come dono della Trinità per la nostra santificazione e che sia assunta e vissuta personalmente e comunitariamente.

Care Sorelle, cerchiamo dunque di osservare le norme delle nostre Costituzioni senza distoglierle dal vero significato con libere e individuali interpretazioni, perché qui troviamo il nostro essere e la nostra missione. Troviamo lo stimolo continuo a rinnovare la radicalità del nostro battesimo e a testimoniare il vigore e la tenerezza della nostra peculiare sequela di Gesù Cristo. La trilogia dei verbi amare-servire-educare abbraccia trasversalmente tutto il testo dando movimento e concretezza al nostro carisma: «Essere sante, vivendo il dono totale di noi stesse nell’amore, in fraternità, seguendo Cristo nell’esercizio della maternità spirituale ed educativa». 

La mia esortazione divenga per ciascuna di voi benedizione, perché questo 15 ottobre 2020 segni per noi l’inizio di un rinnovato cammino verso la santità, che ci rende serve nella maternità, fraternità e profezia in un mondo sempre più bisognoso di Amore, Luce e Verità.

In Chiara e Francesco, Angelico e Giuseppina.

Suor Priscilla Dutra Moreira

Superiora Generale

 

Roma, 15 ottobre 2020, chiusura dell’anno giubilare del 1º Centenario della nascita al cielo del Venerabile Padre Angelico Lipani

 

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